Mostra di Francesco Olivucci
Due sale del piano nobile di Casa Saffi ospitano, in modo permanente, una raccolta di sessantadue opere, realizzate fra il 1938 e il 1948 dall’incisore e pittore Francesco Olivucci (1899-1985), artista poliedrico, che fu inoltre decoratore, scultore e architetto. Si tratta di un corpus di incisioni, da lui donate a Forlì, sua città natale, realizzate con la tecnica calcografica (acquaforte e puntasecca), nonché xilografie, disegni e acquarelli, che affrontano il tema della Resistenza. Un piccolo museo, che accoglie la munifica donazione del maestro, inaugurata nel dicembre 1999 (in occasione del primo centenario della nascita) e che consente di accostarsi ad una delle personalità più interessanti, che la Romagna abbia espresso nel secolo scorso.
Il complice (1943)
Da queste opere affiora un disegno raffinato e tagliente e un’abilità tecnica non comune, una memorabile iconografia in bianco/nero, legata ai fogli clandestini prima, e ai giornali di scarsi mezzi dopo, del tempo della Resistenza e della Liberazione.
Blocco granitico vibrante di entusiasmo (1940-1942)
Vale la pena, visitando queste sale dell’Istituto, seguire l’indicazione e il consiglio di Antonello Trombadori: «Si osservino in ogni loro minuto particolare “Chiamata al rione”, “Il nodo di Savoia”, “Il Gerarca”, “Gerarca e gregario”, “Blocco granitico vibrante d’entusiasmo”, “Affamati”, “25 luglio”. Da una parte vi sono le camicie nere con i loro simboli sinistri e stolti, con il loro cipiglio provocatorio e sopraffattore, con la loro ostentazione di teppismo; dall’altra parte vi sono, magari sotto gli stessi panni della divisa fascista e perciò tanto più lacrimevoli, le vittime. L’autore coinvolge gli uni e le altre nella stessa aura di pietà sottesa da collera e indignazione. Pietà per il popolo italiano. È un sentimento assai alto che denota come Francesco Olivucci ogni volta che ha preso in mano la sgorbia o il bulino lo ha fatto per un autentico bisogno di espressione, si è mosso secondo una linea figurativa del tutto estranea a ogni facile riduttività propagandistica o didascalica».
Chiamata al rione (1942)
Il gerarca (1939)
Gerarca e gregario (1943)
Con uno stile sempre misurato ed inconfondibile, Olivucci ha saputo cogliere il senso più autentico e meno retorico della Resistenza e, in questo, come negli altri molteplici campi della sua attività, è riuscito efficacemente a dare forma eloquente a un mondo poetico, che conosciuto non può che affascinare ed alimentare sempre nuovi percorsi di approfondimento.
Autoritratto