Pieve di Rivoschio
Chi proviene dall’alto Bidente, Santa Sofia, Galeata, incrocia sulla sua destra l’indicazione Pieve di Rivoschio km 11, a Cusercoli, dove la strada costeggia il Bidente. Da Cesena, Pieve di Rivoschio si raggiunge percorrendo la strada E 45 sino a Borello sud, usciti dalla superstrada ci si dirige verso il centro del paese e si seguono le indicazioni per Ranchio, Linaro, Spinello, Passo del Carnaio. Dopo circa sette chilometri, a San Romano, si svolta a destra, per Pieve di Rivoschio, luogo simbolo della Resistenza romagnola.
Nei pressi di Pieve di Rivoschio è visibile il paesaggio arido e brusco dei calanchi, ricco di fascino per la fantasia modellatrice della natura. Queste strutture geomorfologiche si formano in presenza di diversi fattori concomitanti, l’esposizione a mezzogiorno con forti insolazioni, la piovosità a carattere temporalesco, la presenza di argille. Quest’ultima condizione, unita alla rapidità con cui si sviluppa il fenomeno dell’erosione, non permette alle piante di attecchire e nulla vi cresce e il fenomeno si approfondisce.
L’importanza di Pieve di Rivoschio nella guerra di Liberazione nazionale è testimoniata dalla presenza del Parco della Pace e della Resistenza, spazio pubblico del ricordo che si incontra sulla destra poco prima dell’abitato e che, oltre all’area verde, ospita un’arena per spettacoli all’aperto. L’ingresso è caratterizzato da un loggiato disposto a semicerchio. Nella parte di sinistra una lapide ricorda le vittime del rastrellamento del 20 e 21 agosto 1944. Proseguendo lungo la strada si raggiunge il piccolo borgo costituito da poche case, un bar e il negozio di generi alimentari.
Poco sopra il borgo si trova la ex scuola, sede della mostra "La Linea Gotica - Da Massa a Pesaro, dal Tirreno all’Adriatico", allestita per iniziativa del Coordinamento provinciale per i luoghi della memoria. In futuro l’edificio dovrebbe ospitare anche un ostello e permettere alle scolaresche e ai giovani di soggiornare in un ambiente suggestivo con la possibilità di approfondire la preparazione storica e naturalistica.
La mostra, curata da Sara Sparaventi con la collaborazione di Lara Cipelletti, Vladimiro Flamigni, Andrea Gianfanti e Massimo Lodovici, illustra il periodo più tragico e angoscioso della storia contemporanea della Toscana e dell’Emilia-Romagna, attraversate nel 1943-45 dal sistema difensivo chiamato Linea Gotica, di importanza strategica per l’esercito tedesco.
La presenza della linea di difesa diede alla repressione che colpì il movimento partigiano caratteristiche particolarmente violente e coinvolse duramente la popolazione civile. Il percorso della mostra si articola in tre macrosezioni. La prima funge da introduzione e analizza la fotografia come fonte storica. La seconda dà conto degli schieramenti in campo: i tedeschi, i fascisti, le formazioni partigiane, gli Alleati presenti in Italia con un esercito composto da uomini appartenenti a 26 nazioni diverse. La terza è dedicata agli "effetti di guerra" sulla popolazione civile costretta in una quotidianità precaria, minacciata dai bombardamenti, dalla cacciata dalle case per sfollamento, dalla fame e dalle stragi. Vengono qui illustrate le varie fasi della liberazione del territorio e i rapporti tra civili e Alleati.
Quattro pannelli sono dedicati alla presenza della 8a Brigata Garibaldi a Pieve di Rivoschio, località scelta nel settembre 1943 da un gruppo di antifascisti già impegnati nella Guerra di Spagna per insediarvi il primo nucleo partigiano del territorio cesenate. A metà novembre il gruppo partigiano, composto di giovani ravennati e cesenati e da slavi fuggiti dal campo di concentramento di Renicci (Sansepolcro), contava 40 unità ed era guidato dal commissario politico Salvatore Auria, un siciliano ex confinato politico. Il 16 novembre un forte contingente di militari tedeschi mosse contro Pieve di Rivoschio. La vigilanza dei giovani del paese fece fallire la sorpresa e i partigiani si sottrassero al rastrellamento. La popolazione di Pieve di Rivoschio subì le prime distruzioni con l’incendio del Dopolavoro e l’arresto di ventitre residenti che furono imprigionati a Forlì e, dopo gli interrogatori, il 27 novembre, furono liberati, ad eccezione del parroco don Pietro Paternò che aveva ammesso la collaborazione con i partigiani. Quest’ultimo il 6 dicembre 1943 fu avviato al campo di concentramento di Dachau, dal quale tornò minato nel fisico. Morì infatti poche settimane dopo il rientro in Italia. Nella vicina chiesa una mostra ricorda i religiosi uccisi negli anni 1943-1946.
Dal giugno 1944, il comando dell’8a Brigata si installò a Campofiore, due chilometri fuori Pieve di Rivoschio. L’area fu soggetta a frequenti e lunghi rastrellamenti. Il 17 luglio 1944 militi del IV battaglione della polizia italo-tedesca (reparti dello stesso battaglione il 22 luglio 1944 si resero protagonisti della strage di Tavolicci e il 25 luglio di quella del Carnaio) rastrellarono l’area. A Cigno uccisero 5 partigiani; un altro, Gino Fantini, venne impiccato a Ranchio il 24 luglio. Dal 18 al 21 agosto il rastrellamento ebbe esiti drammatici per la popolazione come testimoniano le lapidi poste a Meldola e all’ingresso del Parco. L’ultimo dei quattro pannelli dedicati a Pieve di Rivoschio documenta la battaglia svoltasi nei pressi di Rivoschio tra tedeschi e partigiani dal 29 settembre al 2 ottobre 1944 e i piani predisposti dal Comando dell’8a Brigata per avanzare verso la pianura.
"Resistenza Mappe" - Pieve di Rivoschio (galleria fotografica)